Transizione ecologica nei porti
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Il tema dei green ports è indubbiamente importante rendendo le aree portuali compatibili, sul piano ambientale, con quelle urbane
Più consistenti appaiono le risorse destinate alla sostenibilità ambientale e all’elettrificazione delle banchine (1,22 miliardi). Il tema dei green ports è indubbiamente importante ed è la via obbligata per superare la separazione tra porto e città, rendendo le aree portuali compatibili, sul piano ambientale, con quelle urbane. I porti hanno realizzato nuovi ecosistemi tra terra e mare che incidono direttamente sul microclima delle città e l’equilibrio idrogeologico del territorio (il Documento di pianificazione energetica e ambientale di sistema portuale, DEASP, introdotto negli ultimi anni ha avviato una riflessione in questa direzione). Ma i finanziamenti previsti colgono soltanto alcuni aspetti della questione, in particolare l’efficienza energetica degli edifici e l’elettrificazione delle banchine (ma non l’effetto isola di calore o la gestione delle acque).
L’elettrificazione delle banchine può consentire alle navi in sosta di spegnere i motori, abbattendo in tal modo le emissioni di gas serra e l’inquinamento atmosferico e acustico. Il trasferimento dell’energia dalle linee ad alta tensione alle banchine portuali e da qui alle navi, richiede forniture consistenti e specifiche infrastrutture (cabine di trasformazione dell’alta tensione e conversione, cavi), ma anche navi appositamente predisposte all’alimentazione elettrica (anche se temporanea). Su questo versante, nonostante gli 800 milioni di euro destinati al rinnovo delle flotte e alle navi verdi, persiste una forte resistenza da parte degli armatori, sia per i maggiori costi dell’energia elettrica sia per gli investimenti necessari per l’adeguamento delle navi.
Lo scenario diventa ancora più complesso se l’obiettivo è quello di utilizzare energia rinnovabile che va prodotta e stoccata in particolari sistemi di accumulo. L’energia rinnovabile prodotta da impianti eolici e fotovoltaici è attualmente in crescita, ma ancora del tutto insufficiente per poter garantire la produzione di idrogeno verde come carburante sostitutivo dell’energia fossile. Le prospettive più realistiche sembrano essere legate all’utilizzazione di carburanti meno inquinanti come il GNL (il cui rifornimento nei porti italiani dipende però dalle piccole navi metaniere, bettoline, provenienti dalla Spagna) e alla distribuzione di energia elettrica alle navi in sosta (a partire dalle navi crociera) direttamente dalle banchine connesse alla rete. Naturalmente tutto questo è legato alla modernizzazione delle flotte e alla disponibilità di forniture elettriche adeguate e sostenibili dal punto di vista dei costi: non a caso un recente studio Porti verdi: la rotta per uno sviluppo sostenibile, di Enel X e Legambiente (2021), ha messo bene in evidenza la necessità di un intervento pubblico per sostenere la riduzione delle tariffe elettriche. Investire sull’elettrificazione delle banchine è quindi importante ma le risorse a disposizione, se distribuite in misura diffusa, sono alla fine modeste e possono avviare soltanto iniziative sperimentali.
L’elettrificazione delle banchine va inserita in una prospettiva più ampia: non solo cold ironing, ma impiego dell’energia elettrica per le infrastrutture di movimentazione e automezzi, efficientamento energetico degli edifici, smart grid, automazione e digitalizzazione, intermodalità nave-ferro. Il porto può divenire un fattore di modernizzazione della mobilità nella città e nel territorio, di accelerazione del processo di elettrificazione del trasporto pubblico e privato, di diffusone della digitalizzazione e dell’automazione.
Per i porti dell’Italia meridionale il Recovery Plan mette in evidenza il loro ruolo per il turismo, ma questo, va detto, vale per tutto il sistema portuale nazionale: non solo per il traffico passeggeri e crocieristico, ma anche per la possibilità di riqualificare urbanisticamente le aree di waterfront. A differenza di quanto è accaduto in altre città europee, da Barcellona a Marsiglia, dove il decentramento ha consentito il recupero delle aree dismesse e la realizzazione di progetti strategici per lo sviluppo urbano, in Italia, dove i porti convivono con le città, i programmi di waterfront (tranne a Genova), non sono ancora decollati. Forse è giunto il momento di avviare un grande progetto di riqualificazione urbana integrato alla trasformazione green dei porti.
Il Recovery Plan ha previsto per la logistica integrata 0,36 miliardi finalizzati alla digitalizzazione, non molto, ma rappresenta un orientamento positivo da implementare ulteriormente per fare dei porti dei nodi avanzati sul piano tecnologico, dell’efficienza e del controllo dell’ambiente. La qualità ambientale delle aree portuali (green port) potrà consentire di superare la separazione tra porto e città, rendendo compatibile lo loro vicinanza attraverso un sistema integrato che ottimizza i loro servizi e le loro risorse. Porti e città, soprattutto nel contesto italiano, non possono che procedere insieme nella transizione ecologica e nello sviluppo.
Fonte dell’articolo www.ispionline.it/it.